1942 – 1995
Caludio Costa ha lavorato nella fondazione Vittorio Caporrella tra la fine degli anni Ottanta e Novanta, innestando il bronzo negli elementi della cultura materiale e antropologica che contraddistinguevano la sua ricerca artistica. Creò così opere di grande impatto come il ciclo “Cuore e Cervello”.
Cresciuto in Liguria nel 1960 si trasferisce a Milano dove studia architettura al Politecnico. A Parigi nel 1964, grazie ad una borsa di studio vinta con i suoi lavori calcografici, conosce Marcel Duchamp. I viaggi compiuti negli anni settanta (Nuova Zelanda, Africa) indirizzano il suo lavoro verso le culture primitive, in un parallelo volgersi alla propria infanzia e all’infanzia del mondo.
Dal 1970 il suo interesse è concentrato sulla paleontologia, uno strumento affascinante di conoscenza sull’origine dell’uomo che lo porterà nel 1971 a realizzare due importanti personali:” Craneologia e altre situazioni “ alla Modern Art Agency di Lucio Amelio a Napoli e “Evolution – Involution” alla Produzentengalerie di Dieter Hacker a Berlino.
Nel 1975, in linea con l’apertura verso la cultura materiale che si verifica in Italia a metà degli anni settanta, organizza con Aurelio Caminati il Museo di antropologia attiva di Monteghirfo (Favale di Malvaro), ove gli oggetti della cultura contadina non essendo decontestualizzati diventano messaggi culturali ,”un tranquillo caos scandisce trascorse stagioni.”
Dopo una serie di esposizioni in Germania è presente a Documenta 6 di Kassel. Negli anni Ottanta, in un percorso di allontanamento dalla psicanalisi tradizionale e dallo strutturalismo, torna alla pittura, al primitivismo e allo sciamanesimo di Beuys; è un recupero della manualità e del vissuto.
È in questo senso che si pone quel work in “regress”, teorizzato dal 1976, che caratterizza il lavoro di Costa: un ritorno al mito, al simbolico, al sé, anche attraverso le autocitazioni, un ritorno che, in senso pienamente postmoderno, poco ha a che fare con le ricostruzioni operate dalla storia. Nel 1986 espone alla Biennale di Venezia l’opera intitolata Diva bottiglia (per un Museo dell’Alchimia) nella sezione “Arte e Alchimia” curata da Arturo Schwarz.
L’opera di Costa è anche legata all’ex ospedale psichiatrico di Quarto dei Mille dove, in collaborazione con lo psichiatra Antonio Slavich, organizza un laboratorio di arteterapia. All’ex O.P. di Quarto Costa lavora come terapeuta dal 1986, il “Museo attivo delle forme inconsapevoli” viene istituito nel 1992. Dal 1986 con Jakob de Chirico, Angelica Thomas, Antonino Bove e Igor Sacharov Ross è protagonista del gruppo Kraftzellen – Cellule di Energia. L’attività di Costa a Quarto sottolinea ulteriormente quella ricerca della “non normalità” che non prescinde da esperienze personali e che è condotta in questi anni parallelamente ad un progetto museale dedicato agli scambi culturali tra artisti africani e artisti occidentali.
Varie mostre si susseguono fino ad arrivare ad “Europa Africa versus”, 1994, Galleria Valsecchi, Milano nella quale espone, tra le altre opere, “Ontologia antologica” un grande mobile in legno marmorizzato i cui cassetti contengono la parte in ombra dell’artista. Può essere definito Museo dell’Inconscio.
Nel 1992 partecipa alla Biennale di Dakar, Senegal.
Cranio-cervello sono sempre presenti e ricorrenti nelle ricerche di Costa, dalle prime “Mappe craniche” a “Credo di essere incinto del mio cervello”, da “Cervello acido” a “Calotta cranica Calotta polare”, da “Craneologia e altre situazioni” ai lavori sul “Cuore e cervello”.